Il paradigma del circolare si è affermato come la svolta rispetto a quello lineare, inconfutabilmente fallito. Anche il cerchio, però, può nascondere trappole e limiti. Proprio la circolarità, che comporta l’idea di ciclo e di autoalimentazione, può anche portare chiusura: nell’eventualità che un’ecologia locale riesca ad attuare il paradigma della circolarità perfettamente, che cosa le importerà di ciò che resta al di fuori del suo cerchio? È il tema della scalabilità, in termini tecnici. O dell’altro, in termini di filosofia politica. Le società umane tendono a ‘scalare verticalmente’, che nel caso del paradigma circolare potrebbe assumere la forme di un allargamento del cerchio. Dal quartiere al comune, dalla regione all’area economica, dallo stato alla confederazione fino al pianeta. La circolarità rimarrebbe intatta e forse pure perfetta. Di fatto avremmo un impero. Non sarebbe la prima volta.
Ci sono almeno due termini chiave – e un terzo lo vorrei proporre io qui – che aiutano a esplorare altre strade per lo sviluppo del paradigma circolare: interlocalità, scalabilità orizzontale, tricircolarità.
L’interlocalità richiama una rete di località: esprime cioè una visione indirizzata a costruire connessioni tra ecologie/economie. Emerge il paradigma della rete dove i nodi siano ecologie circolari.
Come connettere l’una all’altra? La scalabilità orizzontale verte a questo fine. Più che il paradigma dell’impero possiamo immaginare quello del lievito o della gemmazione, per cui da un’ecologia circolare madre ne proliferino altre simile o identiche.
Il problema è dunque come connettere ecologie circolari diverse, entrambe valide e legittime. Tra loro esiste uno spazio vuoto o una membrana. Fisica, geografica, culturale, storica, demografica… Homi K. Bhabha parla di spazi interstiziali o ‘in between’ e ne descrive l’alto potenziale di generatività e innovazione. Pistoletto propone il paradigma della trinamica, la dinamica del tre, che si instaura e attiva quando tra due elementi diversi o anche opposti si genera un equilibrio dinamico da cui scaturisce un terzo elemento (una terza ecologia circolare, nel nostro caso) che prima non c’era. È la creazione. Ma i due elementi di partenza permangono. Siamo dunque davanti a un trio. Nel nostro caso applicando questa dinamica alle ecologie circolari possiamo parlare di tricircolarità.
L’ecologia mediana interagisce, connettendole, con le due ecologie preesistenti. Il trio a sua volta può rappresentare un nuovo elemento di partenza (per esempio un cartello o un’aggregazione di enti locali) che potrà reiterare la dinamica descritta collegandosi con un’altra ecologia circolare (di ordine pari o diverso da sé, ossia potrebbe essere anch’essa un’aggregazione). In tal modo la dinamica circolare può estendersi in una maglia potenzialmente infinita e in continua ri-evoluzione rispettando pienamente l’identità e l’autonomia dell’altro, con il quale si svilupperanno rapporti e legami creando ecologie interstiziali di connessione e condivisione.
Il paradigma della tricircolarità presuppone la circolarità ma la intende ed estende in una prospettiva orizzontale e policentrica, o meglio acentrica.
Serve una scienza della tricircolarità, ne occorrono le arti. La Fondazione Pistoletto lavora in questo campo trasversale e collettivo, con comunità locali, istituzioni, imprese e organizzazioni di ogni natura, sperimentando prototipi di social design dal vivo, in cantieri attivi o in partenza a Cuba, Roma, Biella, Melbourne, Quito, Budapest, Buenos Aires.
Il simbolo del Terzo Paradiso (che ridisegna il segno di infinito allargando il punto in cui i due cerchi si toccano fino a formare un terzo cerchio centrale) rappresenta questa iniziativa che ha coinvolto oltre 4 milioni di persone in eventi e percorsi originati dall’arte e dispiegati nella vita quotidiana, nelle pratiche organizzative del tessuto sociale. Il metodo con cui si sviluppano i cantieri in parola è fondato sul potenziale trasformativo e di governo che già de facto possiedono le organizzazioni civili che compongono il tessuto sociale. La democrazia si attua approdando alla pratica non ideologica, ma fattiva. Questo passaggio lo chiamiamo Demopraxia.
Se la circolarità potrebbe apportare ai cantieri della demopraxia linfa e pratiche, la tricircolarità potrebbe rappresentare una chiave di svolta nella diffusione del paradigma circolare.