Ieri la COP16 ha prodotto una dichiarazione che a molti sarebbe sembrata impossibile o assurda anni fa. Chiama a aderire alla Coalizione per la pace con la natura individuando temi e questioni, e tracciando un quadro della situazione attuale. Tutto questo è perfettamente in linea con la Dichiarazione di Pace che feci da New York, invitato a partecipare al Forum Politico di Alto Livello sulla Sostenibilità delle Nazioni Unite. Purtroppo da allora abbiamo fatto troppo poco. E abbiamo peggiorato su molti fronti. I conflitti tradizionali sono persino aumentati, deflagrando in modi che minacciano addirittura una terza guerra mondiale ‘tradizionale’, cioè fra coalizioni di stati l’una contra l’altra. Le Nazioni Unite non bastano, abbiamo bisogno di ‘unire le organizzazioni’ civili le une con le altre e tessere una rete globale interlocale. Abbiamo elaborato un metodo per questo passaggio epocale. Lo stiamo sperimentando a Cuba, Biella, Roma, Ginevra e altrove. Facile, mi chiedono? No, molto complesso. E qual è la principale difficoltà, mi domando io sempre più spesso? Che dobbiamo disimparare molti paradigmi che ci impediscono di accoglierne di nuovi e di collaborare; sembra banale, ma il principale nostro ostacolo è che tendiamo a farci ‘assoldare’ – nel senso di farci ‘soldati’ e ‘assoldati’ – dalle comunità cui apparteniamo perché la loro sussistenza è per noi vitale. Se dovessero diminuire o sparire, pensiamo che spariremmo anche noi. Perché? Perché affidiamo la nostra identità a esse. Siamo membri del partito, siamo manager dell’azienda, siamo amministratori dell’ufficio… Dobbiamo imparare a coltivare identità autentiche e autoriali e soprattutto dinamiche, identità che diventano, che accadono, come i fenomeni naturali. Accadere, invece di essere. Diventare, invece di conservarsi. Fare pace passa prima di tutto da questo cambiamento profondo della nostra psicologia di umani: abbandonare le appartenenze, mantenere l’autenticità diventando diversi nell’accadere delle cose intorno e dentro di noi. In questo cambiare, faremo spazio ai paradigmi e alle tecniche della co-autorialità, alla condivisione, al curare, al rigenerare, ad accogliere, all’ascolto, a comprendere, a coltivare spazi comuni…
Vi riproponiamo l’editoriale di Paolo Naldini pubblicato sul nostro Journal il 18 luglio 2018.
Cittadellarte all’ONU: dichiarazione di pace
Paolo Naldini all’ONU per il Forum Politico di Alto Livello sulla Sostenibilità: “La terza guerra mondiale è arrivata. O la vinceremo tutti praticando fino in fondo e ovunque la sostenibilità. O la perderemo tutti”.
La terza guerra mondiale è già qui.
Ma non si combatte contro una nazione straniera. Noi siamo il nemico.
Il nostro stile di vita.
I nostri alleati sono l’oceano, la terra, gli animali, il clima.
E anche loro stanno soffrendo duramente sotto gli attacchi del nemico.
In periodi di guerra i popoli si scoprono in grado di fare cose impossibili. Dobbiamo capire che ORA è il momento di fare cose impossibili. O soccombere. Quanti di noi soffrono di malattie legate allo stile di vita? Il cibo. L’inquinamento di aria e acqua. Ma anche la nostra seconda pelle.
Come individui, ognuno di noi ne possiede una.
Come corpo sociale integrato, abbiamo una seconda pelle in comune: i nostri vestiti. Che ci proteggono e ricoprono in qualsiasi momento della nostra vita. Giorno e notte.
La nostra prima pelle si ammala, e almeno 7% delle sue malattie sono dovute a sostanze contenute in questa seconda pelle.
Dobbiamo far pace con il nostro pianeta, e noi tutti rinascere con esso.
Sono necessari strumenti e negoziazioni di pace.
Sono necessari avvocati, economisti, scienziati. Questo non è un nuovo obiettivo per le Nazioni Unite.
Per vincere questa guerra, dobbiamo prima di tutto capire il nemico. Di cosa si nutre? Da dove viene la sua forza? Non sarà facile accettare che siamo noi stessi a nutrirlo. Con le nostre scelte e il nostro arrendersi.
Quanti devono vivere in miseria? Quanti senza cibo, acqua, educazione e salute? Prima che si capisca che il nostro stile di vita ci sta uccidendo? Stiamo soffocando l’oceano con microplastiche, ogni volta che laviamo un capo in poliestere, che costituisce oltre il 60% della produzione mondiale di vestiti (un mercato da 3.000 miliardi di dollari), scarichiamo invisibili scorie di plastica che finiranno in mare uccidendolo insieme alla sua fauna: e adesso siamo sotto minaccia anche noi. Chiunque crei queste conseguenze non si può definire nostro amico. Quindi noi siamo il nostro nemico.
Causiamo la migrazione degli esseri umani che vediamo cercare disperatamente di raggiungere i nostri confini sempre più barricati. Non è questa una sindrome di guerra? Muri e polizia nei porti… Ma i nostri nemici non sono quelle persone disperate, piuttosto coloro che li spingono a questa disperazione.
È ora che gli esseri umani facciano i conti con se stessi. E vedano la sfida da affrontare per la prima volta nella storia. E lavorino davvero per la pace.
Abbiamo bisogno di eroi, ma come ogni guerra, questa terza guerra mondiale, la prima guerra veramente globale, è combattuta e vinta dai milioni di persone che ogni giorno, dalle trincee delle loro organizzazioni, delle loro vite e delle loro comunità, si impegnano a praticare la pace. Pace significa sostenibilità.
La buona notizia è che ci sono milioni di eroi invisibili o quasi invisibili che stanno combattendo per noi. E l’altra buona notizia è che non dobbiamo armarci o sparare contro qualcuno per combattere questa guerra: dobbiamo invece scegliere come vestirci. Come mangiare. Come spostarci. Come lavorare.
Dobbiamo aprire gli occhi. Chiamare questa guerra con il suo nome. E praticare la pace. Come popolo umano alleato dei popoli non umani della terra.
Abbiamo bisogno di narrazioni e miti. Nuovi simboli e nuove parole. Dobbiamo aprire l’era della rinascita, Rebirth, e della Demopraxia. Parlare di questi miti e simboli nelle nostre case, scuole, uffici, sui giornali, nelle chiese e nei cinema. La terza guerra mondiale è arrivata. La combattiamo rendendo le nostre vite più sostenibili. Le nazioni non vinceranno l’una contro l’altra. Questa volta o vinciamo tutti o nessuno.
È particolarmente simbolico adesso che le foreste ci stanno offrendo aiuto, ancora una volta gli alberi ci offrono saggezza e pace. La nostra seconda pelle (i vestiti) fatta del loro legno ci può aiutare a rinascere. Come in Macbeth, una foresta sta camminando verso di noi, ma questa volta è per la nostra sopravvivenza.