La Narrativa del “Caso” e la Walking Sculpture
Ruggero Poi (direzione Ufficio Ambienti d’Apprendimento e Scuole di Cittadellarte) individua una serie di parallelismi e relazioni tra la "Sfera di Giornali" di Michelangelo Pistoletto e il sistema didattico tradizionale. Come potrebbe entrare (per poi riuscire) l’arte a scuola? Così come l'opera del maestro biellese non ha una stabilità e non poggia su delle gambe proprie, è anche possibile venire fuori dai confini imposti dall’istituzione che "ci spinge ad alzarci dalla sedia e, nel caso della scuola, lasciare la cattedra (equivalente al piedistallo del museo) e metterci, ognuno con la propria storia, a giocare con il caso".

…Mentre lo scimpanzé è dipendente dalla madre per un periodo di sei anni (il tempo necessario perché il cervello si sviluppi e raggiunga proporzioni vicine a quelle definitive), il bambino, e anche il bambino che vive in una società di cacciatori-raccoglitori, è dipendente dai genitori per quasi due decenni. La nostra specie ha proprio scambiato la quantità per la qualità. È stato questo, si può dire, il nostro vero affare nella strategia riproduttiva, il modo per garantire la sopravvivenza dei nostri figli”.
Susan Allport, A Natural History of Parenting, Open Road Media, 1996.

Buongiorno Michelangelo è un corto del 1966 girato in 16mm a Torino da Ugo Nespolo e ritrae Pistoletto mentre passeggia per la città di Torino dalla mattina alla sera. Ma il personaggio principale non sembra essere l’artista bensì una palla gigante realizzata da fogli di giornali che passa di mano in mano nelle vie della città, sale su una decappottabile e si fa strada nel racconto della giornata di Michelangelo. Questo documento ci consegna non solo una testimonianza di un’opera ma è anche uno spunto per approfondire un approccio educativo e relazionale spesso sottovalutato nell’organizzazione del sistema “scuola/factory”. L’opera al centro del film, intitolata Sfera di Giornali, è in effetti una Scultura da Passeggio, una sfera di giornali del diametro di circa un metro, che rotola fuori dallo studio dell’artista e dal museo ed esce in strada; qui ha bisogno di nuove mani, nuove esperienze, nuove direzioni per poter procedere.
Questa sfera fa parte di un ciclo di lavori intitolati Oggetti in Meno.

Di questi però è l’unica opera che non ha una stabilità, non poggia su delle gambe proprie, ma la sua identità, il suo baricentro, il suo incedere è dato dagli altri. È un oggetto inter-identitario, che crea connessione tra persone, gruppi chiamati all’azione dalla sfera-dispositivo. L’oggetto è dunque molto di più di un lavoro artistico. L’opera è l’azione, il gesto, che illumina di significato l’oggetto rendendolo un “movimento formativo/trasformativo” del sistema dell’arte di fine anni Sessanta e oggi utile per il sistema educativo.
L’approccio che vediamo nel cortometraggio si potrebbe sintetizzare con il verbo inglese “to play”. Quell’oggetto d’arte, che, da statico, si anima e così trova finalmente le porte per uscire dai confini imposti dall’istituzione, in un certo senso ci spinge ad alzarci dalla sedia e, nel caso della scuola, lasciare la cattedra (equivalente al piedistallo del museo) e metterci, ognuno con la propria storia, a giocare con il caso.
La scultura infatti rimanda direttamente al gioco forse più universalmente noto della palla, dove l’elemento sfidante sta nell’indirizzare proprio il movimento libero della sfera attraverso una ricerca di senso, di volontà liberata, di prospettiva che si esprime nel gesto.
La Sfera di Giornali è quindi una performance, un’azione teatrale, un essere presenti e integrati completamente; corpo, emozioni e cervello e sottolinea il valore della fisicità e della durata nella relazione e nell’apprendimento. Qui la motivazione è assolutamente intrinseca in chi “gioca”. D’altronde quale desiderio è più forte in noi del “dare un senso al caso”? E non è forse la sfera l’oggetto più rappresentativo di questo “caso” che cerchiamo di indirizzare secondo la nostra volontà?
Non è necessario, almeno in questa sede, che mi dilunghi oltre sulle ricerche relative all’embodied cognition, e su come si debba tenere presente nella formazione la situazione fisiologica della nostra natura umana, preferisco invece portare un esempio pratico di come l’esempio della Walking Sculpture potrebbe essere utilizzato anche come dispositivo didattico.

Mettiamo di dover illustrare a una classe quale funzione svolga un “verbo” nel linguaggio (giusto per rimanere in tema). Ecco che un NOME come la – ARTICOLO – “Walking Sculpturescende VERBO le scale della scuola ed esce per strada. Nel farlo possiamo spendere AGGETTIVI per qualificare la sfera (tonda e leggera) e AVVERBI (lentamente poi velocemente) per descrivere l’esperienza del verbo, possiamo quindi legare più azioni e verbi con le CONGIUNZIONI, il tutto inframezzando PRONOMI, PREPOSIZIONI, INTERIEZIONI. In questo modo, attraverso una “Narrativa del caso”, avrei messo in situazione i fondamenti dell’analisi grammaticale da approfondire in classe. A questo punto potrei, in una seconda passeggiata impostare, anche una Narrativa del Caso con attenzione sull’analisi logica del linguaggio (da chi è stata spinta la sfera? Dove è andata? Per quanto tempo? In che modo, chi è il soggetto della prima azione e quale soggetto ha la seconda, qual è il verbo, che tipo di aggettivo…).

Il movimento, l’oggetto sfidante, la relazione con i compagni sarebbero il fondamento emotivo sul quale costruire il processo d’apprendimento.
Ecco così Giorgio e Lucia che dialogano sul significato di spingere “casualmente” o sul valore di sfera “perfetta”, o sulla congiunzione che lega “la sfera che rotola e schiaccia i piedi” o ancora sull’iniziare a muoversi “insieme” oppure sul fatto che inizi “lui”, indicando il vicino Pietro. Come accennato sopra stiamo spingendo la “Sfera di Giornali” in un esercizio di “Narrativa del Caso”, dove a gestire il caso c’è la consapevolezza del racconto che si fa strada man mano, tra domande e risposte che rimbalzano tra i ragazzi e gli insegnanti.
Questa breve premessa mi serve per introdurre la scelta dei verbi, oltre a illustrare, in poche righe, come potrebbe entrare (per poi riuscire) l’arte a scuola, attraverso dispositivi performativi e di riflessione connessi alla realtà delle dinamiche umane.

La Walking Sculpture per sua natura mi spinge a indirizzare ancora un po’ oltre il mio ragionamento. La sua superficie è infatti composta da frammenti di notizie dei giornali locali e nazionali. Sono notizie che raccontano un presente ormai storicizzato, sono frammenti che in alcuni casi accendono ancora momenti memorabili, ma per lo più si tratta di cronaca “scaduta” nell’oblio del passato. Potremmo dire che quello che ho appena descritto è in fondo un “motore di ricerca” tipo Google, che mi presenta informazioni, più o meno attendibili, più o meno “fresche”.
Ci troviamo in un momento in cui i flussi di informazioni appaiono continuamente sugli schermi di telefoni e computer e necessitano un’organizzazione, un vaglio consapevole, a volte difficile anche per degli esperti.
La realtà che oggi affrontano i ragazzi con l’accesso alle notizie sulla rete è davvero pericolosa: ci stiamo cibando di notizie che per lo più sono scadute, o nella peggiore delle ipotesi tossiche per il nostro organismo di pensiero. Su questi temi la scuola si interroga, ma per ora fatica a costruire un’“educazione alimentare” ai dati strutturata e trasversale, che vada oltre ai temi tradizionali presenti nei programmi.


Didascalia immagine di copertina: Do it, Walking Sculpture, 2018, performance, Santiago de Chile. Crediti foto: Francisco Bas.