“La bellezza è verità; non c’è bellezza senza verità”.
Così ha esordito Don Ciotti durante l’incontro pubblico con Michelangelo Pistoletto alla Fabbrica delle E di Torino (davvero un bell’incontro, qui trovate il link per rivederlo).
Se la bellezza e la verità camminano insieme ci vorranno ancora settimane prima che nelle scuole si torni a respirare una bellezza sincera.
I monologhi politici (perché in effetti i dibattiti sono usciti dalla dinamica sociale dello scambio di opinioni), le dichiarazioni e ritrattazioni ministeriali, le deleghe territoriali, i negazionismi contrapposti agli allarmismi vari, hanno messo a nudo il fatto che la scuola statale rappresenti uno ‘Stato delle Cose’.
Anzi la scuola è ad oggi lo ‘Stato delle Cose’.
Se ripercorriamo l’affanno che ha guidato la riapertura, a dettare l’agenda educativa del paese è l’urgenza delle “cose” e non gli “ambienti d’apprendimento”, come intelligentemente sperava e suggeriva Lorenzoni (trovate ampio approfondimento in questo articolo). Faccio a memoria un elenco di alcune ‘cose’ per le quali si è speso tempo o denaro: banchi con ruote, mascherine, gel igienizzanti e relativi dispenser, ingressi scaglionati, monoporzioni da consumare al banco, termoscanner, misurazione delle aule e relativa segnaletica, chiusura delle palestre…
Tutto questo mi è chiaro, è stato fatto in nome della sicurezza, per evitare rischi e responsabilità.
Tuttavia mi è divenuto in questi giorni ancor più chiaro che lo ‘Stato delle Cose’ si sia insediato proprio grazie a questo connubio di apparente buon senso: evitare i rischi, evitare le responsabilità.
E allora bisogna domandarci chi risponderà della vita educativa della comunità che popola la scuola e delle sue relazioni? Chi risponderà dell’impatto ecologico di un sistema così poco sostenibile?
Ad oggi indichiamo lo ‘Stato delle Cose’ come responsabile di tutto quanto.
Avvalendoci di questa formula di rassegnazione (“…è lo stato delle cose e non possiamo fare altrimenti”), abbiamo tralasciato lo ‘Stato delle Persone’, pensando così che le avremmo protette meglio. Se rileggiamo la Parabola dei Talenti nel Vangelo di Matteo il servitore che non vuole rischiare e che non si assume la responsabilità di gestire il patrimonio affidatogli, sotterra i talenti in attesa che rientri il suo padrone. Così stiamo gestendo la scuola, sotterrando il patrimonio umano di bambini, ragazzi, maestri in attesa che la situazione rientri.
Loro, le persone nelle scuole, la vita che si muove tra le ‘cose’, hanno attirato grande attenzione solo per temi molto specifici: concorsi, nomine, contratti, rischi sul lavoro, protocolli, autorizzazioni, autocertificazioni giornaliere… non discuto dell’importanza, ma sono sempre altre “cose” che determinano la vita delle ‘persone’.
Seppur in ritardo siamo ancora in tempo per assumerci la responsabilità di porre la riapertura come priorità e cito ancora Lorenzoni nell’ultimo articolo apparso su Internazionale.
Questa riapertura è diversa e riguarda le persone, riguarda le idee, riguarda le relazioni, riguarda la possibilità di distinguere la solitudine della concentrazione dall’isolamento della paura.
Come ripensare una scuola affaticata? Come portare luce e attenzione su chi fa della professione educativa un servizio vocazionale ? Come allineare le esigenze dei dirigenti con quelle degli insegnanti e viceversa? Come tornare ad ascoltare le vere esigenze dell’umanità del nostro tempo? Come responsabilizzare le famiglie e i territori di comunità? Come parlare sinceramente delle vere fragilità e dei veri rischi che viviamo e che incombono nel futuro prossimo a livello? Come portare la bellezza della verità nei dialoghi, nei cerchi delle nostre scuole, delle nostre comunità?
E ancora, come trasformare questo ‘Stato delle Cose’ nella ‘Pratica delle Persone’?
Le idee ci sono, le pratiche a ben cercare già attive in alcune scuole.
Correremo il rischio di rivendicare il diritto a quelle idee, a quelle pratiche?