Making war for peace is like…
Paolo Naldini, direttore di Cittadellarte, propone una riflessione sulla trasmissione di Michele Santoro "Pace Proibita", analizzandone contenuti e spunti di dibattito per poi mettere in luce una serie parallelismi tra le considerazioni del conduttore e quelle emerse in suo precedente editoriale sulla crisi russo-ucraina. “Potremo chiederci - così Naldini in riferimento alla pace e al nome dello spettacolo - perché proibita? Io penso che la principale e semplice ragione sia che qualcuno si potrebbe accorgere che c’è un modo per interrompere la guerra, ed è fare la pace”.

La trasmissione di Michele Santoro La Pace Proibita è stata un momento di grande valore civico.
Puoi essere d’accordo o meno con le idee che vi hanno trovato accoglienza. Il punto non è questo. È che cose così allargano la sfera pubblica. E la fanno più viva.

E questo è un bene per tutti. Anche per chi abbia idee opposte. Anche per chi si sia già schierato contro il tipo di idee, la famiglia di idee, che presumibilmente troveranno casa in quello spazio. Perché ciò che fa un evento come quella trasmissione è proteggere lo spazio in cui saranno accolti anche loro, i contrari, i presunti nemici, meglio: gli avversari. Non c’erano l’altro ieri? Non è un problema. Il dibattito delle intelligenze non è la rissa, non è la battaglia delle idee, non è spettacolo.
Il dibattito del demos è articolato in tempi e spazi diversi. Era chiaro fin dall’inizio che la posizione di questa trasmissione non sarebbe stata interventista, era palese che sarebbe stata pacifista. Non è dentro lo spazio di questa trasmissione e di questa puntata (se come è sperabile ci saranno altri appuntamenti) che devono necessariamente trovare spazio gli altri. Lo spazio pubblico va ben al di là dello spazio costituito da La Pace Proibita. Allargare. Non assumere e inglobare.

Dall’altro ieri, lo spazio pubblico – e aggiungerei democratico civile – è più ampio.
Se ne sentiva il bisogno.
Nella mia casa, con gli amici che incontro. Con le persone con cui converso.
Per esempio, potremo chiederci perché proibita?
Io penso che la principale e semplice ragione sia che qualcuno si potrebbe accorgere che c’è un modo per interrompere la guerra, ed è fare la pace. Qualcuno potrebbe dire che fare la guerra per la pace è un’assurdità pazzesca. Come camminare per stare fermi. Dormire per restare svegli. Mangiare per digiunare. Oppure, come diceva un memorabile cartello di una ragazza pacifista in una manifestazione anni fa: making war for peace is like fucking for virginity.

Avevo scritto due mesi fa – per visionare il precedente editoriale di Paolo Naldini cliccare qui, ndr – alcune riflessioni sulla guerra in Ucraina e ora quel micro, quel nano spazio di espressione, risuona in sintonia con le (ben più) importanti parole ed espressioni che hanno trovato casa nella Pace Proibita. Anche lì si è parlato di Gandhi come nel mio testo. Certo è stato un po’ ingeneroso da parte mia evocarlo come mancata opportunità esistenziale per Zelens’kyj. Come forse è stato eccessivo parlare di Napoleone a proposito di Putin, non certo in riferimento al loro cinismo, ma relativamente alle doti di statista e probabilmente anche a quelle di generale.

In ogni caso, grazie a chi ha creato questo allargamento dello spazio civico. Lo ha fatto anche per me.