Il mio arrivo a Cittadellarte è dovuto a due cose: naturalmente la prima è stata l’idea dell’arte come forza creatrice e trasformatrice della vita, non solo rappresentazione e azione sull’immaginario, che trasmetteva Michelangelo Pistoletto. La seconda fu il diario online di Omi e Teresa (CALC). Raccontavano come avessero accompagnato un villaggio sulla costa delle Asturie a reimpossessarsi dello spazio di un piccolo parco al centro-città diventato in una discarica. Le immagini degli incontri con gli abitanti, i grandi convivi collettivi, l’albero di arancio che fioriva e spandeva con l’afrore dei suoi frutti la voglia di vivere, l’energia della bellezza e della convivenza… così nel maggio del 2000 varcai il portone di quella che sarebbe diventata la mia casa e mi ritrovai a vivere immerso nell’Università delle Idee che proprio quell’anno nasceva come programma di 4 mesi di residenza collettiva.
Una notte di qualche tempo dopo mi svegliai pensando a quando all’Università, in seguito alle mie indagini nei centri sociali di Torino, fantasticavo l’idea di creare uno spazio in cui trovassero rifugio e casa artisti e attivisti intenzionati a cambiare il mondo; l’avevo chiamato Casanova, e quella notte l’agitazione che mi svegliò era dovuta al fatto che come Fondazione avevamo deciso di acquistare gli edifici del lanificio a valle: questi edifici erano chiamati, dal nome del proprietario, ‘Canova’. La coincidenza mi lasciò una vaga inquietudine.
Unidee è stata per me sempre il cuore pensante e il cervello pulsante di Cittadellarte.
Le migliaia di persone che ho incontrato sono state per me un atlante dei mondi immaginabili. Con loro ho visto cose che nemmeno il replicante di Blade Runner ha intravisto. E ho imparato ad amare con meraviglia e rispetto quello che Kandisnky chiamò la necessità interiore dell’arte: la differenza è che in Unidee questa necessità si fonde con le urgenze dei contesti in cui effettivamente risiedono i residenti Unidee. Per questo arrivai alla definizione di artivatori, “chi attiva processi collettivi attraverso percorsi, strumenti, approccio fondati sull’arte”.
Nel 2014, dopo una serie di confronti con mentori (in particolare Jeanne van Heeswijk e Ana Džokić e Marc Neelen di stealth unilimited), direttori di altre istituzioni (in particolare Charles Esche), capii che bisognava ripensare il format della residenza UNIDEE. In quegli anni la socially engaged art si era maggiormente diffusa, erano nate decine (oggi sono centinaia) di programmi di residenza. Lo statuto economico dell’artista si era ancor più precarizzato, fino ad arrivare alla situazione attuale che gli artisti per continuare la propria formazione o per guadagnare (raramente) un piccolo compenso passano da una residenza all’altra, a volte rimanendovi 1 mese, a volte 3 o 6, ma non abitano davvero in nessun luogo. E questo toglie loro la possibilità di operare pienamente le pratiche sociali di cui sono autori, e nello stesso tempo sottrae ai territori e alle comunità quei soggetti capaci di attivare, stimolare, enzimare, scatenare processi di cocreazione e cura collettivi. Così, con un confronto con Juan Sandoval e Armona Pistoletto, organizzammo ciò che avrebbe consolidato il passaggio di Unidee alla struttura modulare attualmente vigente.
Sviluppammo anche altre forme di residenza, in particolare per me significative sono le residenze connettive in cui il residente si connette a un Uffizio di Cittadellarte e vi apporta la linfa della propria ricerca e visione, spesso per un percorso di 6 mesi e diversi moduli residenziali di 2 o 3 settimane. In questo modo, infatti, si ottengono i vantaggi dei 2 modelli opposti, riducendone i limiti: la residenza lunga è sostituita dalla continuità sul territorio del progetto Uffizio di Cittadellarte (per esempio il progetto Let Eat Bi coordinato da Armona), mentre sul territorio di provenienza dell’artista rimane presente lei stessa tranne che per quei brevi periodi di residenza a Cittadellarte.
Ciò che deve ancora avvenire è una connessione più trasformativa tra tutti i percorsi di residenza e le molte attività di Cittadellarte, con il progetto di costituire il Biellese come un Arcipelago Demopratico; con l’Accademia Unidee strutturata in corsi triennali e master; con l’Uffizio Moda Sostenibile (per esempio il progetto CIRCULART); con Visible, che nacque proprio come estensione della ricerca su che cosa facessero gli ex allievi dopo il primo decennio UNIDEE; e con le oltre 260 Ambasciate di Cittadellarte nel mondo.
Integrare con dispositivi porosi e collaborativi i diversi organi di Cittadellarte con le comunità e i territori delle sue reti, e costituire organismi coautori di uno ‘Stato interlocale dell’arte’ è la colonna dorsale del programma dei prossimi 10 anni. Insieme.