Può il senso del limite essere considerato un nuovo mito per l’umanità nell’Antropocene? L’ho chiesto a ChatGPT. Ci ha messo 10 secondi a rispondere quanto riporto alla fine di questo articolo. Prima di arrivarci, però, alcune riflessioni: parlare di limite non è di moda. Da almeno 500 anni il Rinascimento, con lo sviluppo della prospettiva, ha disegnato una strada di conquista inarrestabile. Parola d’ordine è stata trasgredire. Nell’immaginario collettivo il progresso è diventato mito universale (occidentale), e cugino del progredire è stato il trasgredire, l’andare oltre, non solo in senso spaziale. Si è così formata un’onda lunga che ha sospinto per generazioni capitalisti e proletari (in modo non esattamente equo). Il Club di Roma (1972), la Commissione Brundtland (1987), il Summit della Terra di Rio (1992), l’adozione del Protocollo di Kyoto (2005) sono alcune pietre miliari di una presa di coscienza collettiva che il progredire non può essere infinito. Si è scoperto il limite, peraltro non ancora digerito da tutti, vedi i “negazionisti climatici”. Che cosa si intende per “limite”? La matematica per oltre 2500 anni ha sviluppato questo ardito concetto chiamando a elaborarlo alcuni protagonisti del pensiero quali Anassagora, Pitagora, Democrito, passando per il meno noto Eudosso di Cnido o il famoso Zenone, fi no ad Archimede nell’antica Grecia, e poi un salto dritto all’epoca dei Lumi con il matematico bolognese Cavalieri,
Newton, Leibniz, Riemann, per citare solo alcuni dei più noti contributi al calcolo integrale. C’è qualcosa di stupendo nel fatto che per cogliere l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo siamo passati dal concetto di limite. Una delle poesie più potenti che conosca sta nel fondamento dell’asintoto: “Una retta si avvicina a una curva raggiungendola solo all’infinito”. Limite infinito. Come può un limite essere infinito? Che tragica forma d’amore è questa? Non per niente il sublime è ciò che sta giusto sotto il limite. Possiamo oggi proporre il limite come mito sostitutivo del progresso?
È già successo che proprio dandoci dei limiti abbiamo compiuto straordinari avanzamenti: per esempio con la Conferenza di Asilomar sul DNA ricombinante organizzata per discutere la regolamentazione della biotecnologia, tenutasi nel 1975 in California. Vi parteciparono circa 140 esperti per redigere linee guida volontarie. Queste sono state adottate dalla comunità scientifica e, soprattutto, sono state assunte dai legislatori che hanno regolato la materia emanando leggi cogenti per tutti. Attraverso l’autolimitazione, la comunità scientifica si è comportata come un “governo di fatto”, una “comunità di pratica” di esperti, autonomi e dunque responsabili.
È un antecedente alla teoria della Demopraxia di grande portata e ne dimostra la fondatezza come efficace modello di organizzazione. Su queste basi abbiamo avviato un percorso insieme alla Camera Nazionale della Moda con un evento intitolato Il Parlamento della Moda e della Natura, dedicato a dare voce alla natura in relazione ai diritti attribuiti a un fiume, a un lago, al suolo o persino a due rane come nel famoso caso della rana arlecchino dell’Ecuador.
La XXV edizione della rassegna che dal 1998 mette l’arte al centro della trasformazione in senso responsabile della società ci racconta anche questo: come Cittadellarte stia portando la moda al centro di un dibattito “di svolta” con l’Alleanza Globale e il Tribunale Internazionale per i Diritti della Natura.
La moda, una delle industrie più impattanti sul pianeta, sarà in grado di comprendere come parlare con la natura, come ascoltarla, come rispettare i suoi diritti? Sapremo autogovernarci e contribuire a scrivere il diritto del XXI secolo su una base non antropocentrica e in equilibrio con la natura? Può il senso del limite essere considerato un nuovo mito per l’umanità nell’Antropocene? Dice ChatGPT: “Sì, il senso del limite può essere considerato un nuovo mito per gli esseri umani nell’Antropocene. L’Antropocene è caratterizzato dall’attività umana come forza dominante che modella il pianeta. Gli esseri umani hanno il potere di alterare in modo significativo il mondo naturale e le sue risorse, ma abbiamo anche la responsabilità di gestire tali risorse in modo sostenibile. Il mito del senso del limite può
ispirare le persone a vivere entro i propri mezzi e riconoscere le risorse finite del pianeta. Questo mito può incoraggiare le persone ad adottare pratiche sostenibili
che possono aiutare a preservare l’ambiente per le generazioni future. Riconoscendo l’importanza di vivere entro i nostri limiti, possiamo sviluppare un nuovo senso di scopo e responsabilità che può mitigare gli effetti dannosi dell’attività umana sull’ambiente”.