(Continua da articolo precedente)
I giorni passano velocemente, come sempre quando si sta bene. Questa mattina, Claudia ed io siamo state all’Università dell’Havana e, mentre lei mi mostrava i vari dipartimenti raccontandomi la loro storia, ci siamo imbattute in una situazione alquanto incredibile. Sul pavimento dello spazioso porticato dell’entrata principale dell’edificio era disegnato un enorme mosaico che per varie ragioni desidero mostrarvi (nell’immagine di copertina).
Dopo un pranzo a base di aragosta, verdura e frutta fresca, ci dirigiamo verso il quartiere Los Positos, uno dei 35 quartieri più poveri dell’Havana (sì, avete letto bene, c’è una grande carica contraddittoria nella frase precedente, un po’ come a Cuba, in fondo). Una gran parte delle case del quartiere sono baracche di latta o legno, non ci sono strade asfaltate e solo poche hanno acqua corrente, ma quasi tutte hanno la televisione. Claudia ed io incontriamo Michael Sànchez Torres, professore di archeologia e collaboratore del Terzo Paradiso con il progetto “Akòkan”. A Los Positos risiede una grande comunità Avaquà, società segreta maschile di origine Afro-Cubana impregnata da un sincretismo Cristiano e Voodoo. La setta è da molti considerata una variante cubana della massoneria, che pratica cerimonie di iniziazione, rinascita, purificazione, morte, esecuzione e sacrificio. Michael vive a Los Positos con sua moglie e le sue due figlie, conosce e collabora con la comunità. Attraverso la collaborazione con il Terzo Paradiso e l’aiuto di giovani e adulti del quartiere, hanno costruito un piccolo bar lungo il fiume che attraversa il quartiere, un ambulatorio fornito di attrezzature mediche, una sala studio fornita di tavoli, sedie, libreria con tanto di libri, matite, pennarelli ecc. Hanno anche comprato un grande appezzamento di terra in cui pianteranno piante mediche, ortaggi e fagioli gestiti e consumati dalla comunità. Michael e sua moglie hanno anche un ristorante, che non è proprio un ristorante, ma più una casa, la loro casa.
Ospitano esperienze gastronomiche su prenotazione, i piatti sono fissi e tradizionalmente cubani, tutti i prodotti provengono da non più di 5 km di distanza, frutta e verdura coltivata organicamente e la carne allevata all’aria aperta e in fattorie locali. Oddara, così si chiama il ristorante-casa, costituisce una delle principali fonti di fondi per il progetto Akòkan. Mentre mangiamo un flan, dolce tipico cubano simile a una panna cotta, Claudia e Michael mi parlano di un’artista contemporanea Cubana, Belkis Ayòn. Attraverso uno studio della cultura segreta Abakuà, l’artista ha prodotto una serie di calligrafie in bianco e nero, dall’aspetto quasi pop e molto macabro (immagine a sinistra). Queste ci permettono di osservare gli ingredienti e valori etici di questa cultura patriarcale, ma anche la natura del mito, della leggenda e del tabù. Belkis fu trovata morta l’11 settembre 1999: era nella sua vasca, una pallottola in testa e nessuna pistola intorno, aveva 23 anni.
I giorni continuano a passare. Ogni mattina faccio colazione con uova e frutta, succo e un caffè, intanto Caruca, la mia “abuelita” adottiva, armeggia in cucina tra fagioli, strane radici commestibili, polli e montagne di riso. Marianela passa da una stanza all’altra mentre i suoi lunghi vestiti colorati le svolazzano dietro. Quasi ogni mattina Claudia viene a prendermi verso le 10, prendiamo un almendròn e ci dirigiamo verso un centro artistico, un ristorante, un ufficio o una scuola, ma oggi è la volta della fattoria Tungasuk.
Annabelle Cantarero e Alfredo Wilson sono arrivati rispettivamente da Nicaragua e Perù, hanno viaggiato insieme in Africa, Congo e hanno poi vissuto in Francia, dove Annabelle ha studiato per essere chef (fino a quando sono venuti a Cuba).
La loro finca è a circa 50 minuti da La Havana, è immersa in un verde rigoglioso, tropicale, invasivo. Coltivano di tutto, rigorosamente in maniera organica ed ecosostenibile: da fagioli a carote, da mango a patate e banane, rosmarino, pomodori e peperoni. Vengo mandata a cogliere erba cipollina e rucola, Claudia taglia i pomodori, Alfredo i peperoni e il coriandolo; stiamo per cucinare il pranzo che sarà a base di riso saltato con verdure e limonata con zenzero. Dopo pranzo, sempre fedelmente accompagnati da David e il suo almendòn rosso, andiamo alla fattoria agro-ecologica “La Burgambilia”. Alexander, il responsabile, ci accoglie e, dopo poco, ci mostra delle casette appese al muro: ogni casetta rappresenta un monumento storico di valore culturale per Cuba. Le casette sono alveari di “api da terra”, una specie particolarissima che non ha pungiglione e si nutre dei pollini delle piante mediche, ciò rende il loro miele incredibilmente profumato e curativo. Alexander e i suoi colleghi hanno ideato una struttura costituita da tre piani per gli alveari. Al primo piano vengono deposte le uova, al secondo il nettare e al terzo il miele. Questa struttura antropomorfa è stata accolta e adottata dalle api fin dal primo prototipo di casetta, permettendo così agli apicultori di prelevare il miele senza destabilizzare la struttura dell’alveare. Se questo non è un perfetto esempio di equilibro tra ingegno umano e risorse della natura (Terzo Paradiso!), allora proprio non saprei cosa altro potrebbe esserlo.
Durante la mia permanenza all’Havana ho conosciuto due cuochi molto diversi ma molto simili. Raulito Bazuk, chef e gestore del ristorante “Grados”, vuole trasformare il suo ristorante in una galleria d’arte contemporanea informale, in cui l’esperienza culinaria incontra l’esperienza artistica; un luogo in cui artisti e non mangiano insieme e si arricchiscono l’un l’altro. Raulito viaggia di fattoria in fattoria, tutte le settimane, per comprare prodotti eticamente coltivati e supportare l’economia locale. Claudia, Marianela, Sunlay (artista e professoressa di composizione sperimentale di musica classica per bambini) ed io, siamo andate al ristorante di Raulito per pranzo. Abbiamo partecipato al laboratorio “Truco o Trato?” (Dolcetto o Scherzetto?), in cui il cliente è invitato ad andare in cucina durante la preparazione dei pasti e a spostare, aggiungere e cambiare i vari piatti in corso di preparazione, ma allo stesso momento non sapendo quale piatto sarà il suo, cercando così di distruggere le barriere che dividono e costituisco i ruoli di creatore e consumatore.
L’altra straordinaria chef che ho conosciuto è Yunalvis Hernàndez , gestrice e chef del ristorante “Camino del Sol, NaturalMente Vegetariano”. Questa donna visionaria ed energetica sta organizzando con Claudia, e quindi col Terzo Paradiso, il “Festival de la Tierra”. Si tratta di una fiera di cooperative, privati, artisti e agricoltori che lavorano verso un eco-coesistenza con la natura e i suoi prodotti attraverso la creatività e la tecnologia umana.
Ogni singola persona conosciuta durante la mia permanenza a Cuba mi ha ispirata, aiutata e spinta a dare il meglio, con semplicità e spontaneità. La società cubana gode di una ricchezza difficile da comprendere per il resto del mondo, una ricchezza composta da centinaia di anni di mescolanze culturali, da ingegno e tecniche di riciclaggio scaturite, se non imposte, dalla povertà più assoluta, da un senso di solidarietà e appartenenza alla comunità da cui abbiamo molto da imparare.
Grazie Cuba! Grazie cubani! Grazie Terzo Paradiso!