Continua la nostra intervista a ‘episodi’ a Tiziana De Tora e Marco Papa, che hanno pedalato per 1233 km per diffondere i principi del simbolo trinamico di Michelangelo Pistoletto e portare la sostenibilità nei luoghi in cui si fermavano ispirandosi all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Per comporre il mosaico della loro avventura, ne stiamo mettendo in luce ogni parte in una serie di articoli che vi stiamo proponendo settimanalmente sul nostro Journal. Pronti a scoprire nuovi dettagli della loro storia? Ecco la sesta puntata!
Quali perfomance avete realizzato? Come hanno reagito i passanti alle vostre iniziative?
Essere ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso è un’esperienza di consapevolezza e testimonianza. Il ruolo impone una forte responsabilità nella redistribuzione della dottrina della partecipazione civile, con una presa di posizione alla quale si spera di invitare quante più persone possibili, con l’obiettivo di una riforma politica sulla base dei cambiamenti socio-ambientali in atto nel mondo. Questo ci impone di osservare regole ben precise, la prima delle quali è l’attenzione all’altro, nella sua diversità e unicità, all’individuo in quanto parte ed ‘ingranaggio’ della più che necessaria meccanica culturale e intellettuale. Tutti nasciamo uguali e con gli stessi diritti, ma anche con gli stessi doveri, tra i quali, per noi, su tutti, la lotta all’indifferenza.
Durante il viaggio, abbiamo deciso di non stabilire dove fare delle performance e nemmeno la modalità di attuazione delle stesse, ma di affidarci all’intuito e alla sensibilità degli artisti che sappiamo di essere: lo spazio giusto, nel momento più opportuno, estemporaneamente, nel minor tempo e col maggior tatto possibile, il tutto condito da un sorriso e una disponibilità immensi.
A Mannheim è stato un parco, vicino al Reno, con i suoi alberi secolari, a suggerirci la possibilità e a rendere tutto straordinariamente fluido. Aver fatto teatro entrambi, conoscere le tecniche di respirazione e le fasi della comunicazione verbale e corporea, ci hanno aiutati non poco a introdurci nel ‘sacro’ silenzio dei tedeschi sdraiati all’ombra dei giganti verdi.
La reazione della gente è stata di forte curiosità durante la fase di costruzione del Terzo Paradiso, con dei picchetti da campeggio e del nastro da cantiere (materiali che suggeriscono spunti legati all’urgenza e alla necessità di attenzione); alla fine ci siamo mossi verso chi era più lontano, mentre chi passava si avvicinava spontaneamente. È stato bellissimo comunicare la trinamica, prendendo ad esempio ogni persona come la parte centrale di un abbraccio tra me e Tiziana: l’accogliere un altro nello spazio aperto del ‘noi’ trasmette un calore immediato. È vero, qualcuno ha preferito restare a guardare, altri hanno affermato di non avere tempo. Va bene, fa parte del gioco. L’importante è non forzare nessuno.
A Rotterdam, inoltre, è stato pazzesco! A bordo del fiume che passa per la strada delle sculture, in pieno centro, abbiamo notato una pila di bancali, sistemata con ordine davanti ad un cantiere, e subito abbiamo pensato ad una struttura di recupero, con materiale povero. Il responsabile del cantiere, di fronte alle veloci spiegazioni circa il lavoro previsto, non ha posto obiezioni, a patto che il materiale spostato tornasse al suo posto una volta terminata la performance. Appena abbiamo iniziato, sono passati di lì una spagnola e un francese, che, vedendoci lavorare sodo, ci hanno offerto un valido aiuto: da due siamo diventati quattro e nell’arco di venti minuti siamo diventati quindici! È stato magnifico ergersi su una colonnina elettrica, aiutati da altre quattro persone a mantenere l’equilibrio, mentre scattavamo le fasi del lavoro e fissavamo il momento del saluto finale di tutti i partecipanti all’azione!