L’effettiva rivoluzione del mio lavoro è avvenuta attraverso un cambiamento strutturale che non ha precedenti. Il Quadro specchiante incorpora infatti integralmente la quarta dimensione. In esso la superficie piatta che comprende le immagini riportate e quelle specchiate è misurabile nelle dimensioni dell’altezza e della larghezza, quindi l’opera è ovviamente bidimensionale. La figura, isolata nello spazio profondo dello specchio che la circonda, assume un rilievo tridimensionale, ma la dimensione complessiva dell’opera, che ingloba le precedenti, è la quarta dimensione, cioè la dimensione tempo.
Il Quadro specchiante ha la facoltà di introdurre nella concezione tradizionale dell’opera d’arte pittorica il tempo, che noi codifichiamo in istanti, ore, giorni, mesi, anni, secoli e millenni. Tutto ciò entra nel Quadro specchiante.
Dunque nell’opera vediamo il verificarsi di quel fenomeno che comunemente chiamiamo tempo.
Gli artisti che in passato hanno affrontato il tema del tempo, come ad esempio i futuristi, lo hanno sempre trattato in modo descrittivo, e non lo hanno esibito direttamente nel suo manifestarsi. L’unico precedente di tempo reale in arte è il Grande vetro di Marcel Duchamp che, consentendo di vedere attraverso la lastra trasparente le persone e le cose che si muovono, lascia dedurre il tempo che scorre.
Diversamente dal Quadro specchiante, però, il Grande vetro non incorpora in tempo reale né l’artista né lo spettatore: Duchamp, per vedersi nell’opera, è ricorso allo stratagemma di farsi fotografare dietro al vetro. E questo ha determinato un “ritardo” rispetto all’immediata presenza nell’opera da parte di chi la fruisce.
Nel Quadro specchiante sia l’autore che lo spettatore partecipano all’avvenimento temporale, direttamente, in quanto sono presenti, e lo possono essere in qualsiasi momento, all’interno dell’opera. Si trovano così inseriti in pieno nella fenomenologia temporale.
Anzi, la persona che osserva il quadro ne diventa perno centrale.
La cosa davvero rimarchevole è che non solo lo spettatore è parte dell’opera con l’immagine di sé, ma lo è anche fisicamente. Lo specchio, infatti, ci mette di fronte a tutto quello che ci sta dietro. Lo spettatore, guardando il quadro, vede davanti a sé ciò che è alle sue spalle. Gli basterebbe fare dei passi indietro per vedersi contemporaneamente avanzare all’interno dello specchio. Il Quadro specchiante mette gli occhi anche dietro alla nuca. La prospettiva diventa duplice, sia frontale che retroversa. Pur non spostandosi fisicamente, la persona può muovere lo specchio intorno a sé e trovarsi al centro di tutte le possibili direzioni riflesse nello specchio.
Essa quindi è, con il proprio corpo, il fulcro di una prospettiva sferica che gli si estende intorno all’infinito, sia nello spazio che nel tempo.
Nel Quadro specchiante noi siamo testimoni di noi stessi e, contemporaneamente, testimoni dell’intero esistente. Quest’opera rende l’Uomo specchio di sé stesso e specchio dell’Universo. È la rappresentazione della vita di cui siamo parte integrante. Rappresentare significa ripresentare.
Presentare ha come radice la parola presente. Il presente sono io e tutto ciò che si “presenta” nei Quadri specchianti. Come già dal titolo Il presente, con il quale ho chiamato il primo gruppo di opere specchianti.