Lo specchio come progetto
"Lo specchio è una superficie già piena di immagine quanto la realtà che stiamo vivendo ed è colmo di tutte le possibili estrapolazioni speculative; strumento formidabile di appropriazione diretta (in termini oggettivi) e di rimando ideativo illimitato (in proporzioni fenomenologiche, concettuali e sentimentali)". Vi proponiamo il testo di Michelangelo Pistoletto "Lo specchio come progetto", pubblicato in “Rassegna” n. 13 anno V, a Milano nel marzo del 1983.

Nel mio lavoro uso lo specchio come piano di proiezione ortogonale dell’immaginazione.
Sulla piatta visione del reale traccio le coordinate che traducono in posizione volumetrica e prospettica le percezioni che magnetizzano il desiderio.
Il piano dello specchio piuttosto che quello della carta, perché?
Perché lo specchio è una superficie già piena di immagine quanto la realtà che stiamo vivendo ed è colmo di tutte le possibili estrapolazioni speculative; strumento formidabile di appropriazione diretta (in termini oggettivi) e di rimando ideativo illimitato (in proporzioni fenomenologiche, concettuali e sentimentali).
Io affronto lo specchio al colmo di un’epoca ricolma, in cui la realizzazione dei progetti che rappresentavano il sogno comune è totalizzata, o per lo meno così si presenta.
La necessità è quella di lavorare su questo supporto, accreditato, per sua natura e per nostra cultura, come contenitore totalizzante e primario dell’immagine – cioè pieno – anziché sulla superficie vuota di supporti che presumono un campo totalmente edificabile o servono alla pratica corrente d’un processo di edificazione in corso. Il desiderio è quello di agire su un territorio dato come somma e preso come unità primaria da fecondare con un seme individuale che corrisponde biologicamente ad un sogno nuovamente comune.
Questo specchio è figurativamente elaborato in modo da far ruotare di 360 gradi la soglia di vetro dell’inibizione posta dalla cultura dell’arte come limite di una strada a direzione unica, oltre a cui si fa annegare narcisisticamente ogni prospettiva.
Lo specchio ribalta all’indietro, sul cammino solido delle cose e del tempo indicandoci oggettivamente che quello spazio e quel tempo stanno alle nostre spalle. Si indica la necessità di una inversione di marcia per proseguire il cammino oltre la linea finale (allontanandoci dallo specchio ci vediamo entrare nello specchio).
Lo specchio, posto come cardine di rotazione, restituisce una prospettiva circolare, aperta in tutte le direzioni e diventa il luogo di una possibile ampia progettazione. Progetti che prevedono la complessa e delicata opera di infiltrazione in un mondo pienamente edificato e di confrontazione con esso, anziché il piano di occupazione di uno spazio incolto.
Nel 1965/66 ho concepito una serie di lavori, raggruppati sotto il titolo Oggetti in meno; questi oggetti, pur presentati nella loro volumetria fisica, portano avanti il concetto del sottrarre, dello spostare materiale anziché cercare di comprimerlo nel potere ottuso di una monumentalità alienante. Questi Oggetti in meno attivano il contenuto teorico dello specchio spostando l’impresa verso un impegno rivolto alla sopraelevazione dell’espressione creativa sulla superficie già edificata del razionalismo tecnologico. Un progetto avviato alla ripresa di ogni elemento, da attuarsi senza distruggere né avversare ciò che è stato costruito con il sorprendente e addirittura sconvolgente impegno del passato. Un trampolino che proietta l’uomo in una dimensione sovratecnologica dove si usa tanto il prodotto di oggi quanto la visione della storia per modellare un’immagine rappresentativa di un livello umano ancor più straordinario.


Immagini di copertina:
L’Etrusco e la strada romana, 1973-1992
Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella.
Nelle foto: Michelangelo Pistoletto e Massimo Melotti.
Foto di Enrico Amici