Musica e suono, spiritualità e riti, lo spazio e la sua distribuzione del potere, il Terzo Paradiso: ecco alcune delle tematiche analizzate durante il talk “Musica&Spiritualità #01”, organizzato sabato scorso nella Sala delle Colonne della Fondazione Pistoletto. Come scritto in un nostro precedente articolo, è intervenuto anche il direttore di Cittadellarte Paolo Naldini.
Naldini ha incominciato il dialogo con una considerazione sul rapporto tra il modo con cui i corpi occupano lo spazio e la distribuzione del potere che in esso è attuata. “Sembra esserci una corrispondenza – dice – tra la distribuzione dei corpi nello spazio e la distribuzione del potere nello stesso. Ad esempio il paradigma che prevede il produttore di contenuti informativi, creativi, performativi, da una parte e i fruitori dall’altra. Questa struttura accomuna molti rituali civilizzati religiosi. Un esempio? Le chiese, dove è presente un altare con un ‘ministro’ e, di fronte, più in basso, un ampio pubblico di fedeli che ricevono la funzione. Questo processo si ripete anche in altri scenari, come, ad esempio, le lezioni universitarie o le conferenze frontali o anche nelle discoteche con i DJ. Sono contesti diversi, ma negoziano lo spazio secondo lo stesso paradigma. Che cosa ci dice questo? Si può sostenere che ci sia un’analogia profonda tra quello che avviene in questi spazi perforativi? Trovo stupendo e mi fa stupire che da una parte abbiamo chiese vuote la domenica mattina e discoteche piene il sabato notte, alla luce del fatto che la distribuzione dello spazio e del potere della performance sia la medesima nei due contesti. Forse quel vuoto che troviamo nella chiesa, si riempie nei club? E allora nei club si cerca qualcosa di simile a quello che si cerca nella chiesa? Di simile a quello che si cerca a una conferenza o a un comizio di piazza?”
Naldini continua mettendo in luce un aneddoto sul binomio spazio-potere: “In alcuni rave party degli anni ’90 in cui partecipai, la distribuzione degli spazi era diversa e avveniva qualcosa che mi sembrava profondamente diverso dalle esperienze di discoteca come di chiesa e di scuola: i ministri, i sacerdoti, i docenti, I DJ – nascosti dalle casse – non si vedevano. I corpi si distribuivano in cerchi, sottocerchi e, se così si può dire, in circoli. Le relazioni interpersonali scorrevano con maggiore fluidità e anarchia, nel senso etimologico, cioè in assenza di un principio, infatti il cerchio ha un andamento infinito, senza inizio e senza fine; un ordine orizzontale. A questo proposito, e a conferma di queste intuizioni, sempre negli anni ’90, quando ero in Inghilterra conobbi un ragazzo che mi raccontò che organizzava rave in ex-Jugoslavia; ad essi partecipavano ragazzi croati, serbi, bosniaci, gli stessi giovani che di giorno vivevano in territori e contesti in guerra fratricida. Non mi sembrò casuale che questo avvenisse secondo una distribuzione dello spazio (e del potere) in cui il corpo performa in assenza di “archia” definita, con la sottrazione della preminenza del ‘ministro’; mi sembrò perfettamente appropriato che quella occupazione e distribuzione dello spazio si associasse a performance di incontro, pur in situazioni in cui le differenze portavano a qualcosa di straziante come quanto avveniva con la guerra in corso”.
Il direttore di Cittadellarte ha proseguito con un collegamento al segno-simbolo di Pistoletto: “Non è un caso, quindi, che il simbolo del Terzo Paradiso richiami il cerchio, un cerchio al posto del punto in cui il segno di infinito porta due opposti a toccarsi. Che cosa implica uno spazio circolare come dispositivo di unione degli opposti? prima di tutto permette l’occupazione dello spazio, un cerchio, a differenza di un punto, si può abitare. e poi evoca la distribuzione dei corpi nello spazio secondo un ordine di sintesi degli opposti”.
Naldini prosegue focalizzandosi sulla musica e sul suo processo di diffusione: “Abbiamo parlato di ritualità; Matteo Saltalamacchia ha raccontato come l’artista da cui ha preso spunto, Jota, definisca riti precivilizzati e civilizzati, in evidente sintonia di analisi con la teoria del primo paradiso e del secondo. Poiché poi lui e Jota si chiedono quali ritualità esprimano oggi le nostre comunità, mi chiede la stessa domanda con specifico riferimento al Terzo Paradiso e alla festa del Rebirth Day. Qui siamo nel luogo della creazione, prima fu il luogo della produzione, oggi abbiamo fatto un passo in più: non bastava più produrre. La produzione si spostata o si è esaurita. Oggi creiamo. Che rito può avere la creazione? Può essere un rito creato? Io penso piuttosto che il rito sia la creazione. Quindi il Rebirth Day è i rito della creazione… del rito. Ogni evento di ogni organizzazione che partecipa al Rebirth Day, dunque, sarà un nuovo rito. Creare riti è il rito che mancava. E che è diventato urgente. Ma oltre che di spiritualità, siamo qui a parlare di musica. La musica ha una particolare familiarità con la costruzione del rito a causa della sua fisica. Della sua origine e della sua propagazione.
Nel romanzo che sto scrivendo – continua – c’è una scena in cui Sebastiano e Giulia stanno facendo l’amore, nella cucina dello loro casa sui tetti, con vetri alle finestre e al soffitto, fuori è notte, e a un certo punto i rami secchi degli alberi sbattono contro i vetri delle finestre. Sebastiano li sente e pensa (e lo dice pure a lei, che non vi dico come la prende): ogni suono è determinato dall’incontro o scontro di almeno due soggetti, oggetti, agenti, enti… quindi la genesi del suono ci dice questa cosa bellissima, il suono è l’eco di un incontro. Quel che ne viene avanti. Che se ne produce, etimologicamente è chiaro. Pro ducere. Ma non finisce qui, quello che il suono ci dice, se sappiamo ascoltarlo. Se pensiamo a come si propaga. E’ un’onda. Non è spostamento di materia. Adesso io non sto gettando contro di voi nulla. Ma sono tutte le cose che stanno tra me e voi che ondulano con la frequenza che io produco facendo passare (incontrare) l’aria e le corde vocali. Non c’è niente che vada da me a voi. Ma è l’aria che già premeva contro il vostro timpano che si mette a vibrare come le viene detto dall’aria che le sta accanto. Non a caso si dice propaganda. Io creo suono e lui “propaganda” il suo contenuto. È come in uno stadio, con la curva piena che fa la ‘ola’ come coreografia. Nonostante le persone si limitino ad alzarsi e abbassarsi, l’unione sincronizzata di questa azione genera, appunto, un’onda, perché c’è un contagio o una trasmissione di informazione di movimento.
Informazione. Trasmissione di istruzioni e informazioni Propaganda. Ora, però, si potrebbe dire – argomenta – che questo è un fenomeno che riguarda la musica ma non la materia e le cose e le persone. Ma la fisica quantistica ci racconta una cosa pazzesca. Questa accomuna la materia e il suono. Anche il fotone, per esempio, è onda. Ma è anche particella. Quindi stiamo dicendo che il mondo è fatto di cose che sono insieme onda, particella, informazione, materia, energia. Noi possiamo prevedere come si comporteranno, ma per saperlo dobbiamo incontrarle. Incontrare la materia, il mondo. Così produrremo onda. E l’onda si propagherà. All’altro. Come musica. Impossibile! Io non so se tutto questo sia molto chiaro e soprattutto se sia chiaro che cosa significhi in relazione alla spiritualità, ma sento che sto parlando proprio di questo, della spiritualità…”
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