Io sono giunto all’uso dell’immagine fotografica nei primissimi anni Sessanta, dopo aver reso specchiante il fondo del quadro.
Il cielo dorato dei Bizantini circondava il mosaico della figura; era il tempo in cui quelli erano i mezzi tecnici che offrivano la corrispondente concezione spirituale e religiosa.
L’Arte del Rinascimento è cominciata posando per terra i piedi dell’immagine umana di Dio. Ed è quest’immagine che ha conquistato passo passo il cammino della prospettiva verso un futuro scientifico e tecnologico, terminando stagliata su un nuovo fondo che si è aperto alla fine di quella prospettiva.
Il fondo è il vuoto brillante dell’acciaio specchiante, non più oro, non più cielo, ma eco immediata della realtà viva in movimento perpetuo, dove in ciascun momento tutto l’immaginifico è coinvolto e sconvolto. Nell’immagine fotografica il Dio diventa io e si fissa lungo lo scorrimento di ogni istante a venire, come memoria, come dato immobile, come emblema di “assoluto” che accompagnerà nel tempo il pensiero “relativo”.
Iscriviti alla newsletter