Vivere nel disegno.
Vivere cioè in quel luogo per metà fisico e per metà immateriale che è il disegno. L’immagine del sogno, del pensiero, del desiderio e dello stesso occhio di ogni evidenza, realtà, presenza.
Il mio corpo è disegno.
È un progetto, una realizzazione, una rappresentazione.
Il mio corpo è il processo di ogni cosa nel suo divenire.
Il mondo è il nostro disegno, come quello della natura.
La natura ci disegna come noi la disegniamo.
È lo specchio.
Il concetto è lo specchio.
Vivere è manifestare la propria esistenza.
Questo è il disegno.
Fare un disegno è riconoscere la forma, è cercare la sostanza partendo dalla forma.
Al di qua del segno c’è una fisicità, al di là del segno c’è una sostanza, un’altra sostanza. E quella impalpabile della percezione che occupa una sfera tanto grande quanto quella fisica e concreta della meccanica vitale.
Il disegno è capacità di concentrare l’universo nell’istante senza passare attraverso l’evoluzione biologica.
Ho vissuto generazioni di me stesso.
Ho vissuto l’abisso tra e me e il mio vicino.
Vivo la mia fisicità al di qua e il mio riflesso al di là. Vivo la mia inesistenza fisica prima e la mia esistenza incorporea dopo; in questo segno di oggi.
Vivo al di qua e al di là della linea che separa e del segno che unisce.
Esisto prima della materia che mi rappresenta e dopo questa materia.
Sono specchio.
E come materia mi specchio.
La superficie dello specchio è la propagazione di una linea, di un punto, di un segno.
Sono qui prima di aver fatto un segno (sullo specchio che contiene tutti i segni) e sono là dopo aver fatto un segno. Il segno mi porta al di là dello specchio.
Il disegno trasforma il vedere senza sapere nel sapere senza vedere.
È il cammino nel mondo invisibile.
L’artista disegna ciò che non si vede perché tutti lo vedano.
L’artista è un cieco che dona la vista.
Michelangelo Pistoletto, 5 aprile 1983