La parete esiste come principio e come fine di questa mia storia. Sulle pareti si appendono sempre i quadri, ma è sulle stesse pareti che si mettono anche gli specchi. Credo che la prima vera esperienza figurativa dell’uomo sia il riconoscere la propria immagine nello specchio, che è la finzione più aderente alla realtà. Ma subito dopo il riflesso dello specchio incomincerà a rimandare le stesse incognite, le stesse domande, gli stessi problemi che ci pone la realtà; incognite e questioni che l’uomo è spinto a riproporre sui quadri.
La mia prima questione sulla tela è stata la riproduzione della mia immagine, appena accettata l’arte come una seconda realtà.
Il mio lavoro per un periodo è consistito intuitivamente nel tentativo di avvicinare le mie due immagini, quella proposta dallo specchio e quella proposta da me.
La conclusione è stata la sovrapposizione del quadro allo specchio: la pittura si sovrappone e aderisce all’immagine della realtà.
L’oggetto figurativo che ne nasce mi dà la possibilità di proseguire la mia indagine all’interno del quadro come all’interno della vita, visto che le due cose sono figurativamente legate. Infatti mi trovo nel quadro, oltre il muro bucato dallo specchio, anche se non materialmente. Anzi, siccome fisicamente mi è impossibile entrarci, per indagare nella struttura dell’arte devo fare uscire il quadro nella realtà, creando la finzione di trovarmi oltre lo specchio.
È facile in questi anni equivocare sull’identità tra oggetto-reale e oggetto-arte. Una “cosa” non è arte; l’idea espressa della stessa “cosa” può esserlo.”
Estetica e realtà si possono identificare, ma ciascuna restando nella sua vita autonoma. Non si possono sostituire l’una all’altra senza che una delle due rinunci alla sua necessità di esistere. È perciò che finisco questa presentazione del mio lavoro rimanendo all’idea del muro. Perché all’idea del muro può stare attaccata l’idea del quadro, a cui può essere legata l’idea di un soggetto.
In questo momento per me la “cosa” è la struttura dell’espressione figurativa, che ho accettato come realtà. L’invadenza fisica del quadro nell’ambiente reale, portando con sé le rappresentazioni dello specchio, mi permette di introdurmi tra gli elementi scomposti della figurazione.
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