I pozzi di Foligno
"Il susseguirsi di istanti che corrispondono a sensazioni, anche se non tutte controllate, equivale a un ciclo che normalmente si disperde nella vita in tempi e luoghi più difficilmente determinabili". Vi proponiamo il testo scritto il 1° agosto 1967 dal maestro biellese in occasione della mostra collettiva "Lo spazio dell'immagine" (1967, Foligno, Palazzo Trinci, 2 luglio - 1 ottobre) e pubblicato per la prima volta in "Michelangelo Pistoletto", catalogo della mostra (Palazzo Grassi, Venezia, 1976, ed. Electa).

Per me lo spazio è una cosa viva. Come non potrei costringere un uomo a una mia volontà, così non posso costringere lo spazio a una mia immagine. Lo spazio è governato dalle stesse leggi che governano la materia, noi stessi e l’universo. Il volume e la prospettiva mi sono ancora esterni, anche se riflettono il mio punto di vista, e non mi permettono di vivere lo spazio nel suo interno e in ogni suo momento. Misuro me e lo spazio in istanti più che in millimetri cubi.
‘L’immagine dello spazio’ nel mio ambiente di Foligno non è descritta ma avvertita perché passa direttamente dall’azione alla mente senza trattenersi nella figurazione. Mi è dato un ambiente. È per convenzione della mostra che l’interno globale appartiene alla mia espressione.
Più che un’ambientazione, mi si richiede l’immagine dello spazio.
L’architettura considera e forma gli spazi in interni ed esterni. Per ottenere l’esterno costruisco degli ambienti più piccoli che hanno a loro volta un interno. Questi ambienti occupano diversi luoghi, creando interni ed esterni che corrispondono per il visitatore a più momenti di diversa natura. Prima di entrare nella mia stanza, il visitatore si attende di trovarsi immediatamente davanti al fatto; entrato, si sente ancora fuori, poiché trova il luogo così come era prima. Avviene in lui una sensazione di inappagamento (decantazione della prefigurazione). È ancora fuori, ma avverte la presenza di altri ambienti e si spinge verso i loro interni. Affacciandosi al primo pozzo si produce in lui l’effervescenza della percezione. Un’esperienza istantanea: la propria immagine, la luce e lo spazio unificati nella stessa sorte.


Didascalia dell’immagine: Michelangelo Pistoletto, Cinque pozzi, 1966.
Veduta dell’opera allestita in occasione della mostra “Lo spazio dell’immagine”, Palazzo Trinci, Foligno, luglio 1967.
Foto: Tonino Romagnoli.

Subito dopo egli considera che questa percezione è determinata dal mio linguaggio (razionalizzazione) e con questa visione egli si sposta verso un secondo pozzo. Affacciandosi egli si troverà in un altro momento e in un altro luogo. La leggera differenza della colorazione interna, visibile sui bordi anche dall’esterno, serve soltanto a segnalare a colpo d’occhio che si tratta di momenti diversi. A questo punto la sua percezione sarà modificata rispetto a quella primaria perché già mediata dalla ragione.
Lo spazio esterno ai pozzi decanta la percezione primaria e aumenta la razionalizzazione, ogni volta che è percorso. Alla fine tutti gli esterni sono ancora visibili, tutti i luoghi e i momenti sono ancora lì, ma già vissuti. Della percezione dell’immagine non rimane che il ricordo e si è già fuori prima di uscire (decantazione dell’intera esperienza).
Il ciclo che si è compiuto all’interno della stanza si può immaginare in: prefigurazione – percezione – razionalizzazione – ricordo – distacco.
Qualsiasi fosse la reazione di qualsiasi visitatore, anche se diversa da quella che ho descritto, sarebbe un’esperienza di più luoghi e più momenti condensata nello spazio dell’ambiente. Il susseguirsi di istanti che corrispondono a sensazioni, anche se non tutte controllate, equivale a un ciclo che normalmente si disperde nella vita in tempi e luoghi più difficilmente determinabili. Io considero la dimensione e l’immagine di questo ambiente per la durata del ciclo che può contenere. Se un tempo altrimenti più lungo può essere contenuto nell’esperienza di questo spazio, avrò favorito un’accelerazione dell’esperienza in un’accelerazione di tempo. Così l’intero ambiente mi può dare una nuova visione che proviene da oltre il mio linguaggio.
È la percezione che tempo e spazio hanno la stessa dimensione dell’esperienza che l’accelerazione dell’esperienza immette nella dimensione del tempo.