Come può svilupparsi una democrazia che produca una sana condizione di vita, superando sistemi di potere che portano a pratiche sempre più distanti, rispetto all’evidente necessità di un equilibrio sostenibile nella società globale?
Se guardiamo la realtà dal punto di vista delle politiche internazionali, ci rendiamo conto che la parola democrazia è usata come sinonimo di consumismo. Il sistema della crescita consumistica, che si regge sul ricatto della miseria, è divenuto il modello della democrazia. Molte parti del mondo vivono oggi lo stesso processo di sviluppo dei paesi europei e nordamericani (che hanno iniziato a conoscere la crisi di crescita), e godono dell’uscita dalle condizioni di tribolazione, stento e sofferenza, come dopo una lunga guerra. Ma presto tali nazioni raggiungeranno la saturazione che segue ogni grande crescita e la conseguenza distruttiva assumerà dimensioni mai viste prima. Dobbiamo accettare questa previsione che vuole la catastrofe come endemicamente inevitabile al fine della ricostruzione?
Personalmente, faccio parte di coloro che assumono il massimo impegno, per passare alla rinascita evitando l’abisso apertosi a conclusione di questo mondo artificiale che cresce a dismisura. Ci troviamo di fronte a una questione determinante, che deve essere affrontata per far sì che il sistema distruzione-costruzione artificiale si accordi al sistema naturale della rigenerazione. Il processo della natura si articola sulla combinazione di vita e morte ma si regge sull’equilibrio sostenibile di tale alternanza. Noi viviamo invece in situazioni di profitto che portano all’annichilimento delle risorse, e a catastrofi lontane dalla dinamica naturale della rigenerazione. Ad esempio, la foresta appare sempre uguale, grazie al suo continuo processo di ricambio interno. Fenomeno ben diverso dal sistema della deforestazione prodotta dagli esseri umani a scopo speculativo.