Raymundo Sesma: qual è il suo passato? E la sua formazione? Quali viaggi e incontri hanno contaminato e dato forma alla sua ricerca artistica? Marcela López Enríquez, ambasciatrice Rebirth/Terzo Paradiso, e Fortunato D’Amico, architetto e curatore, propongono una ricca e profonda intervista all’artista, dando voce al suo passato, al suo presente e al suo futuro. Ecco il terzo ‘episodio’ in lingua italiana e spagnola del loro confronto (per visionare la prima puntata cliccare qui, per la seconda cliccare qui).
FD: Come è nato il termine “campo expandido”?
RS: È sorto dopo aver conosciuto un saggio della storica e critica Rosalind Krauss, che nel 1979 scrisse un libro che parla di scultura (Sculpture in the Expanded Field). Questo termine suggerisce proprio l’idea che la scultura in termini concettuali non si riferisca a un’opera 2 x 4 x 3, ma piuttosto al fatto che la scultura va oltre le proporzioni, le misure, i materiali e così via. Si sviluppa quella che Joseph Beuys chiamerebbe scultura sociale: non viene trattata come oggetto, ma come evento, come strumento di costruzione in senso evolutivo e dalla poliangolarità.
Il termine si adatta perfettamente al mio lavoro, perché sebbene sia stato coniato da Rosalind Krauss, io l’ho portato alla pratica, integrando il termine con quello dell’universo espanso, riferendomi al ruolo di artista libero e senza restrizioni inserito nel mondo reale. Nicolas Bourriaud afferma: L’arte è definita come un processo di semiotizzazione non verbale, non come una categoria separata dalla produzione globale. Sradicare il feticismo per firmare l’arte come un modo di pensare e di invenzione della possibilità della vita.
FD: ¿Cómo surge el término “campo expandido”?
RS: Surge después de conocer un ensayo de la historiadora y crítica Rosalind Krauss, que en 1979 escribe un libro que habla de la escultura (Sculpture in the Expanded Field). Este término sugiere precisamente la idea de que la escultura en términos conceptuales, no se refiere a una obra de 2 x 4 x 3, sino que la escultura va mas allá de proporciones, de medidas, de materiales, etcétera. Se desarrolla lo que Joseph Beuys llamaría escultura social; no se trata como un objeto, sino como acontecimiento, como instrumento de construcción en el sentido evolutivo y desde la poliangularidad. El término se adapta perfectamente a mi trabajo, pues si Rosalind Krauss lo acuña, yo lo llevo a la praxis, complementando el término con el de universo expandido, refiriéndome al papel de artista libre y sin restricciones insertado en el mundo real. Nicolas Bourriaud dice: El arte se define como un proceso de semiotización no verbal; no como una categoría separada de la producción global. Desenraizar el fetichismo para firmar el arte como una forma de pensamiento y de invención de la posibilidad de vida.
ML: Nella tua formazione, quale altro personaggio consideri importante?
RS: Uno molto importante fu Clement Greenberg, che conobbi a New York. A quel tempo stavo esponendo alla Kerr Gallery, con la quale firmai un contratto nel 1986. Greenberg venne a visitare la mostra e si avvicinò a chiedere se ero io l’artista. Questo successe due anni prima della sua morte. Personalmente, l’incontro con il padre dell’espressionismo astratto (anche se non gli piaceva quella definizione) fu importante perché ci permise di parlare dei muralisti. Parlava perfettamente latino, francese e italiano ed era molto vicino alle idee di Trotsky, che fece parte della nostra conversazione su Siqueiros e il muralismo.
Sempre a New York incontrai e visitai nella sua casa dell’East Village Dore Ashton, grande storica dell’arte, scrittrice e critica, anima e musa ispiratrice della Scuola di New York, eccezionale testimone del XX secolo e conoscitrice della letteratura in lingua spagnola, in cui Octavio Paz e Jorge Luis Borges in particolare avevano un posto molto importante e in qualche modo si riflettevano nel mio lavoro.
Successivamente preparò una breve introduzione al mio progetto per la Biennale di Venezia. Ebbi la fortuna di visitarla in altre due occasioni.
Avvicinarmi a questi personaggi è stato un modo di coinvolgermi nell’arte del Novecento e stabilire una relazione con coloro che hanno posto le basi per il lavoro che svolgo oggi.
Credo che i progetti che realizzo in Advento, individualmente e a livello collaborativo, facciano parte dell’eredità che questi personaggi mi hanno lasciato. Ad esempio, nel caso di Wifredo Lam, aver avuto modo di lavorare e vivere con lui come assistente insieme a Giorgio Upiglio, ci permise di conoscere in prima persona la sua esperienza con Picasso nell’ambito dell’arte africana e come segnò la sua essenza.
Grazie a sua moglie potei partecipare alla prima Biennale d’Arte a Cuba. Quindi in qualche modo Lam mi ha avvicinato a questa cultura.
Più avanti lavorai alla galleria Nina Menocal, specializzata in artisti cubani degli anni ‘80, l’equivalente latinoamericano della transavanguardia italiana.
Ebbi poi l’opportunità di partecipare alla Biennale di Venezia del 1993 con Juan Francisco Elso Padilla, un artista scomparso giovanissimo che creò un linguaggio basato sulla propria identità connesso con l’arte africana come nel caso di Lam. Non ne era una copia, ma un adattamento al linguaggio contemporaneo come risorsa e linguaggio di identità consolidata.
Potrei anche citare alcuni messicani, ad esempio, i filosofi Eligio Calderón e Raymundo Mier, l’architetto
Alberto Kalach, la storica Mariana Botey, il curatore Cuauhtémoc Medina e il compositore Víctor Rasgado, tra gli altri. Tutti mi hanno insegnato qualcosa.
ML: ¿Dentro de tu formación a que otro personaje consideras importante?
RS: Uno muy importante fue Clement Greenberg, a quien tuve la oportunidad de conocer en la ciudad de Nueva York. En ese momento me encontraba exhibiendo en Kerr Gallery, con la cual firmé un contrato en 1986. Greenberg llegó a visitar la exposición, se acercó preguntando si yo era el artista.
Esto aconteció dos años antes de que él muriera. En lo personal, el hecho de conocer al padre del expresionismo abstracto (aunque a él no le gustaba esa posición), fue importante ya que pudimos hablar sobre los muralistas. Él hablaba perfectamente el latín, el francés e italiano y era muy a fin a las ideas Trotsky, que fue parte de nuestra conversación en relación a Siqueiros y al muralismo. También en Nueva York, tuve la oportunidad de conocer y visitar a Dore Ashton en su casa de East Village, gran historiadora de arte, escritora y crítica, alma y musa de la Escuela de Nueva York, testigo excepcional del siglo XX y conocedora de la literatura en lengua española, en la que Octavio Paz y Jorge Luis Borges en particular tenían un lugar muy importante y de alguna manera los veía reflejados en mi obra. Sucesivamente ella me hizo una pequeña introducción para mi proyecto de la Bienal de Venecia.
Además, tuve la fortuna de visitarla en otras dos ocasiones.
Acercarme a estos personajes fue una manera de relacionarme con el arte del siglo XX y quienes sentaron las bases del trabajo que realizo actualmente.
Creo que los proyectos que hago en Advento, individualmente y a nivel de colaboraciones, son parte de ese legado que me dejaron estos personajes. Por ejemplo, en el caso de Wifredo Lam haber tenido la oportunidad de trabajar y convivir con él como asistente junto con Giorgio Upiglio, nos permitió conocer de primera mano su experiencia con Picasso en relación con el arte africano y de cómo lo marcó en toda su esencia. Además, gracias a su esposa tuve la oportunidad de participar en la primera Bienal de Arte en Cuba. Así de alguna manera Lam me acercó hacia esta cultura.
Curiosamente después trabajé en la galería Nina Menocal que se especializaba en artistas cubanos de los 80’s, que serían el equivalente de la transvanguardia italiana, pero latinoamericana. También tuve la oportunidad de participar en la Bienal de Venecia en 1993 con Juan Francisco Elso Padilla, artista que murió muy joven, creó un lenguaje basado en su propia identidad que tiene que ver con el arte africano, con esta cultura, como lo fue para Lam. No como copia, sino adaptándolo a un lenguaje contemporáneo como recurso y lenguaje de identidad consolidada.
También podría citar a algunos mexicanos, por ejemplo, a los filósofos Eligio Calderón y a Raymundo Mier, al Arq. Alberto Kalach, a la historiadora Mariana Botey, al curador Cuauhtémoc Medina y al compositor Víctor Rasgado, entre otros. Todos me han enseñado algo.
FD: Durante il tuo processo di formazione e poi come artista multidisciplinare hai utilizzato tecniche e procedure diverse. Quali altri esempi potresti citare nel contesto del tuo lavoro?
RS: Un esempio molto interessante che cito sempre come esercizio: nel 1995 fui invitato a realizzare un progetto al Kunstmuseum di Bonn, in Germania, che intitolai Nova Totius Terrarum Orbis. Fu una performance come azione poetica all’interno di un contesto intervenuto con un murale che realizzai in situ. Si trattava di una coppia: una donna bianca e un uomo di colore che a loro volta erano protagonisti di diverse parafrasi relative alla Creazione di Michelangelo, l’Adamo ed Eva di Dürer e il Nudo che scende le scale di Duchamp, tra gli altri, con un chiaro riferimento al passato nella sua visione contemporanea, non per imposizione, ma per analogia nel suo senso evolutivo.
L’uso della risorsa del corpo come oggetto scultoreo vivente e le parafrasi hanno un chiaro obiettivo, raccontare la storia nella sua visione del presente. Il murale che realizzai conteneva una mappa, un chiaro riferimento a Pangea in un’epoca in cui tutti i continenti erano uniti prima di iniziare il processo di separazione, in contrasto con i due corpi legati alla storia dell’arte.
L’opera come sintesi dalla dialettica. Come risultato di questa performance ebbi occasione di crearne altre due e di sperimentare l’happening come un’esperienza in cui il teatro è presente in quanto evento autonomo e partecipativo. Uno di questi happening fu all’Ex Teresa Arte Actual, in Messico, dove vennero coinvolti il cibo, la musica, la pittura e l’installazione. Si trattò senza dubbio di un’irruzione nella realtà. Dopo la Biennale di Venezia, ricevetti un invito dal cileno Robert Edwards per realizzare 11 video a Santiago e pubblicare un catalogo con un testo della storica statunitense Shifra Goldman. Realizzai anche altri video, uno in particolare chiamato Epiphaneia che si riferisce all’evento storico accaduto in Piazza Tiananmen, quando un uomo affrontò un carro armato. Questo video è stato presentato in diversi spazi a Copenhagen, Gerusalemme, Tel Aviv e Helsinki, tra gli altri. Come mostra itinerante è stata presentata anche al Museo Carrillo Gil di Città del Messico.
FD: En tu actitud como artista multidisciplinario y en base a tu proceso de formación, te has involucrado en distintas técnicas y medios. Dime ¿qué otros ejemplos pudieras citar en relación a tu trabajo multidisciplinario?
RS: Un ejemplo muy interesante que lo tomo siempre como un ejercicio: en 1995 fui invitado para realizar un proyecto en el Kunstmuseum de Bonn, Alemania; el cual llamé Nova Totius Terrarum Orbis. Se trató de una performance como acción poética dentro de un contexto intervenido con una obra mural que realicé in situ. Hice una performance con una pareja: una mujer blanca y un hombre de color que realizaron a su vez distintas paráfrasis relacionadas con La creación de Miguel Ángel, el Adán y Eva de Durero y el Desnudo bajando las escaleras de Duchamp, entre otros, haciendo una clara referencia al pasado en su visión contemporánea no por imposición sino por analogía en su sentido evolutivo.
La utilización del recurso del cuerpo como objeto escultórico vivo y las paráfrasis tienen un claro objetivo, relacionar la historia en su visión del presente. El mural que ejecuté, trataba de un mapa, referencia clara a Pangea, en un momento en que todos los continentes eran uno solo antes de iniciar el proceso de separación de estos, en contraposición a estos dos cuerpos que se relacionan con la historia del arte. Obra como síntesis desde la dialéctica.
A raíz de esta performance tuve la oportunidad de crear otras dos y experimentar también el happening como experiencia donde el teatro se hace presente como acontecimiento autónomo y participativo. Uno de estos happenings lo hice en el Ex Teresa Arte Actual, en México, donde estaba involucrado el alimento, la música, la pintura y la instalación. Significó definitivamente una irrupción en la realidad. Después de la Bienal de Venecia tuve una invitación por parte del chileno Robert Edwards para realizar 11 videos en Santiago de Chile y publicar un catálogo con un texto de la historiadora norteamericana Shifra Goldman. Igualmente realicé otros videos, uno particularmente que se llama Epiphaneia que se refiere a un hecho histórico sucedido en la Plaza de Tiananmén, donde un hombre confronta un tanque de guerra. Este video se presentó en diversos espacios de Copenhague, Jerusalén, Tel Aviv y Helsinki, entre otros. Como exposición itinerante se presentó en el Museo Carrillo Gil en México.
FD: Mi rendo conto che la storia è sempre stata per te una specie di cordone ombelicale che lega il passato al presente. Potresti approfondire questo aspetto?
RS: Una delle caratteristiche del mio lavoro è stata sicuramente la storia come riflessione che analizza i fenomeni e i comportamenti dell’essere uomano, in cui la storia-non storia, la violenza e il sistema politico superano la ragione. Ma anche non-storia come ragione concettuale di riflessione e decontestualizzazione, dove il fluente è lo stesso che ha origine in ciò che osserva, rendendolo non solo una lettura della sua storia, ma anche una consapevolezza di essa, poiché le opere mirano a evidenziare la mancanza di lettura che abbiamo di loro. Storia e avventure, sempre omologate, falsificate dai gruppi di potere politico ed economico e naturalmente dalla maggioranza degli organi di informazione.
Da questo punto di vista mi propongo di dimostrare che lo Stato in cui viviamo definisce la sua condizione di cieco e sordo di fronte all’evidenza quotidiana.
La storia come puoi vedere è molto importante, come se fossimo dei piloti che viaggiano nel futuro. E dal momento in cui la percorriamo, acquisiamo conoscenza e in questo modo impariamo a ridefinire il nostro futuro. Inoltre, la mia lettura della storia non è lineare, ma trasversale.
FD: Efectivamente me doy cuenta que la historia siempre ha sido para ti una especie de cordón umbilical que une el pasado con el presente. ¿Me puedes decir algo más relacionado con esto?
RS: Una de las características de mi obra seguramente ha sido la historia en cuanto reflexión que analiza los fenómenos y comportamientos del hombre, en los cuales la historia-no historia, la violencia y el sistema político sobrepasan la razón. También no historia como motivo conceptual de reflexión y descontextualización, donde el fluidor sea el mismo que parte de aquello que observa, convirtiéndolo no solo en lectura de su historia, sino en la conciencia de ésta, ya que las obras pretenden subrayar la falta de lectura que de estas tenemos. Historia y advenimientos, siempre homologados, falsificados por los grupos de poder político, económico y por supuesto por la mayoría de los órganos de información. Desde este punto de vista propongo demostrar que el Estado en el cual vivimos, define su condición de ciego y sordo frente a la evidencia cotidiana. La historia como puedes ver es muy importante y es como si fueras un piloto que viaja hacia el futuro. Y desde el momento en que se viaja a través de ella, adquieres conocimiento y de esta manera aprendemos a redefinir nuestro futuro. Además, mi lectura de la historia no es lineal, sino transversal.
FD: Abbiamo parlato delle diverse discipline con cui ti esprimi, ma ultimamente la scultura è stato il mezzo con cui hai lavorato intensamente. Raccontami come è nata in te la necessità di comunicare utilizzando questo tipo di espressione artistica.
RS: Come ben sai, la scultura è un mezzo con cui ho lavorato in periodi diversi con materiali diversi.
Attualmente sto lavorando con ferro, acrilico e alluminio. È sorta grazie al lavoro che ho sviluppato in Campo Expandido, poiché sebbene la scultura sia implicita in questo progetto, ciò che è trasparente o genera è un’espressione a livello geometrico e strutturale dei miei disegni, dalla bidimensionalità e tridimensionalità dell’architettura. Quando produco questi disegni, li vedo come strutture trasparenti e sostenute dalla struttura architettonica originaria su cui eseguo gli interventi. Attualmente sto sviluppando sculture di piccolo e grande formato, che dal punto di vista strutturale e geometrico nascono nella strutturazione e geometrizzazione che ho svolto in architettura. È un modo per rendere visibile ciò che originariamente è al suo interno. L’opera non esprime altro che il fatto di essere ciò che è, di essere “oggettivamente” il volume, il disegno, gli spazi, l’oggetto che manifesta una sua realtà. Corrisponde a un corpo geometrico “ideale” come forma aperta; è un archetipo dello spazio cartesiano e del mondo materiale, a dimostrazione che il mio interesse per l’opera non risiede nella pura contemplazione o esperienza sensoriale dello spazio e del tempo, ma nel processo di trasformazione, visto che il suo interno ed esterno si mantengono aperti agli occhi e alla memoria come nozione progressiva dalla poliangolarità.
La nozione di scultura è un termine presente in diverse opere, sia nelle performance e nella pittura, sia negli elementi architettonici. Ad esempio, negli interventi urbani, l’architettura è il supporto e la sua tridimensionalità, la superficie su cui viene disegnata e dipinta, alterando in qualche modo gli angoli originari che conferiscono ala base architettonica le proprietà scultoree. Il disegno modifica sicuramente il preesistente, conferendogli quello che la studiosa d’arte messicana Mariana Botey definisce come una sorta di estraniazione visiva. Apre una dimensione all’interno dell’architettura, misurabile e canonica, in cui viene inscritto. Un altro esempio diverso, ma dove la nozione scultoreo-pittorica è comunque molto importante, è quello dell’opera Dies Solis che presentai alla Biennale di Venezia del 1993.
È un’opera che nasce da una posizione critica nella storia, che viene trasportata nel tempo fino ai nostri giorni. Il mezzo utilizzato è stato il video, in cui sono sostanzialmente rappresentati tre momenti importanti: uno è “L’ultima cena” di Leonardo Da Vinci, assieme alla “Lezione di anatomia del dottor Nicolaes Tulp” di Rembrandt e all’“Ultima cena” di Rubens. Allo stesso modo, si presenta come un
evento storico avvenuto a Venezia, come un viaggio nel tempo, da una visione non solo pittorica, ma
anche scultorea performativa teatrale, da una visione multidimensionale come opera partecipata,
definendo l’opera non come oggetto, ma come evento, come strumento strutturale che lega spazio, tempo,
storia e arte. Come una specie di palcoscenico.
Nicolas Bourriaud afferma che l’arte è uno stato di incontro in cui l’artista diventa un seminauta che naviga nel passato e nel presente.
FD: Así como hablamos de las distintas disciplinas con las cuales te expresas, últimamente la escultur a ha sido el medio con el cual has estado trabajando intensamente. Háblame de cómo nace en ti la necesidad de trabajar en este medio.
RS: Como bien sabes la escultura es un medio que he trabajado en distintos períodos con diversos materiales.
Actualmente estoy trabajando con fierro, acrílico y aluminio. Asimismo, nace gracias a el trabajo que he desarrollado en campo expandido, ya que si bien en este proyecto la escultura esta implícita, lo que transparenta o genera es una obra a nivel geométrico y estructural de mis dibujos, desde el campo bidimensional y tridimensional de la arquitectura. Cuando produzco estos dibujos, los veo como estructuras que se transparentan y se apoyan en la estructura original de la arquitectura que se interviene.
Actualmente he estado desarrollando escultura de pequeño y gran formato, que desde el punto de vista estructural y geométrico nace en la estructuración y geometrización que he hecho en la arquitectura. Es una manera de hacer visible lo que originalmente se encuentra dentro de ella. La obra no expresa nada más que el hecho de ser lo que es, de ser “objetivamente” el volumen, el dibujo, los espacios, el objeto que manifiesta una realidad suya.
Corresponde a un cuerpo geométrico “ideal” como forma abierta; se trata de un arquetipo del espacio cartesiano y del mundo material, demostrando que mi interés en la obra no reside en la pura contemplación o experiencia sensorial del espacio y del tiempo, sino en el proceso de transformación visto que su interior y su exterior se mantienen abiertos a los ojos y a la memoria como noción progresiva desde la poliangularidad.
La noción escultórica es un término que está presente en distintas obras sea en la performance, la pintura, así como elementos arquitectónicos. Por ejemplo, en las intervenciones urbanas la arquitectura es el soporte y su tridimensionalidad, la superficie en la cual se dibuja y se pinta, alterando de alguna manera los ángulos originales que le otorgan las propiedades escultóricas al soporte arquitectónico. El dibujo seguramente modifica lo preexistente otorgándole lo que la estudiosa mexicana de arte Mariana Botey, menciona como una especie de extrañamiento visual. Abriendo una dimensión en el seno de la propia arquitectura mensurable y canónica en que se inscribe.
Otro ejemplo distinto, pero donde igualmente la noción escultórica-pictórica es muy importante es la de la obra Dies Solis que presenté para la Bienal de Venecia en 1993.
Es una obra que nace desde una posición crítica de la historia, que se transporta en el tiempo hasta nuestro momento actual. El medio que se usó fue el video, en el cual se representan básicamente tres momentos importantes: uno es “La última cena” de Leonardo Da Vinci, otro “Lección de anatomía del Dr. Nicolaes Tulp” de Rembrandt y “La última cena” de Rubens. Así mismo se presenta como un hecho histórico acontecido en la ciudad de Venecia, como un viaje en el tiempo, desde una visión no solo pictórica, sino también escultórica performática teatral, desde una visión multidimensional como obra participada, definiendo la obra no como objeto, sino como acontecimiento, como instrumento estructural que vincula espacio, tiempo, historia y arte. Como un especie de escenario. Nicolas Bourriaud menciona que el arte es un estado de encuentro donde el artista deviene a un seminauta que surfea a través del pasado y del presente.
ML: Visto che parli di pittura, cosa puoi dirmi al riguardo?
RS: Nella mia pittura il supporto non è più il rettangolo conosciuto, poiché si appropria di una nozione scultorea legata alla tridimensionalità, al movimento, al vuoto e alla geometria, entrando nel territorio espanso dove le diverse discipline dialogano e decostruiscono uno spazio mobile. Sovrapposizione e interazione spaziale come “colonizzazione poetica del luogo”, all’interno di un universo espanso.
Parlando di pittura, Paul Klee diceva che rendere visibile non significa rappresentare o riprodurre ciò che è visibile.
ML: Ya que hablas de pintura, ¿qué me puedes decir de ella?
RS: En mi pintura el soporte ya no es el rectángulo conocido, puesto que se apropia de una noción escultórica ligada a la tridimensionalidad, al movimiento, al vacío y a la geometría, adentrándose en el territorio expandido donde las distintas disciplinas dialogan y deconstruyen un espacio móvil.
Sobreponiéndose e interactuando espacialmente “como colonización poética del lugar”, dentro de un universo expandido.
Hablando sobre la pintura, Paul Klee decía que hacer visible, no significa representar o reproducir cuanto es visible.